Category Archives: Il libro del mese

“Le tre del mattino” di Gianrico Carofiglio

le-tre-del-mattinoQuante volte dei lunghi ed imbarazzanti silenzi caratterizzano il rapporto con i nostri figli? Possibile che non ci sia nulla da dire o che non ci siano più argomenti da condividere? Sarà la differenza generazionale, l’imbarazzo, la paura di pensarla diversamente ed il non sapere come dirselo? E’ veramente così difficile comunicare tra genitori e figli, o nel mondo frenetico nel quale viviamo mancano le occasioni per farlo?

Potremmo aggiungere molti altri interrogativi a quelli suddetti, ma continuare a farci domande purtroppo non serve. Forse solo la qualità del tempo che possiamo creare tra di noi può abbattere quel muro di silenzio.

“Le tre del mattino” di Gianrico Carofiglio è un mirabile esempio di come talvolta, a causa di forze maggiori, si possano creare le condizioni per conoscersi, per dirsi cose mai dette che aggiungono pezzi preziosi al puzzle della nostra vita. Questo infatti è quello che accade ad Antonio, uomo di ormai cinquantanni, che ripercorre due giorni trascorsi con il padre tanti anni prima.

Figlio di genitori separati, Antonio, che soffre di epilessia idiopatica, viene portato una prima volta a Marsiglia da entrambe i genitori per essere visitato dal Dott. Gastaut, che si raccomanda di riportarlo dopo tre anni per verificare lo stato della malattia.

Passati i tre anni Antonio ritorna a Marsiglia, ma questa volta accompagnato solo dal padre. E’ in quest’occasione che capita un imprevisto che cambierà profondamente il loro rapporto. Infatti Antonio deve sottoporsi “alla prova di scatenamento”, ossia deve stare sveglio per due giorni consecutivi al fine di portare il fisico al limite massimo di stress. Se durante quei due giorni non si fossero presentate delle crisi, poteva essere considerato completamente guarito. E’ proprio in quei due memorabili giorni che padre e figlio iniziano a parlarsi senza imbarazzo, liberamente.

Antonio scopre come si sono conosciuti i suoi genitori, le paure, le incertezze, le speranze di suo padre che, o per mancanza di coraggio o di occasioni, non gli aveva mai raccontato.

Scaturisce tra loro una volontà ed un bisogno di confidarsi che stupisce entrambi…. e che trasformerà questo ragazzo insicuro e ribelle in UOMO!

Antonio ricorderà per sempre la poesia del poeta greco Kostantinos Kavafis che il padre gli  recita per rispondere alle sue domande sull’inutilità di tante cose che ci circondano e che ci rubano tempo prezioso:

“E se non puoi la vita che desideri cerca almeno questo per quanto sta in te: non sciuparla nel troppo commercio con la gente con troppe parole in un viavai frenetico. Non sciuparla portandola in giro in balia del quotidiano gioco balordo degli incontri e degli inviti, fino a farne una stucchevole estranea”

Sarà sicuramente un lettura interessante per coloro che non vogliono più perdere  del tempo prezioso che purtroppo non tornerà più.

M.Cristina Raga

 

“La Quarta Via” di P.D. Ouspensky

gurdjief

La scorsa settimana, mentre stavo facendo un po’ d’ordine nei vecchi files del mio computer, mi è capitato di ritrovare un articolo che, per l’esattezza, avevo scritto il 06 marzo 2005, intitolato “UOMO O MACCHINA?” . Vi preciso la data di quando l’ho scritto solo per poter evidenziare come, già a quel tempo, sentissi impellente l’importanza di “far riflettere me e tutti coloro con i quali venivo in contatto” sulla necessità dell’uomo di studiare se stesso per trovare la propria Via.

Partiamo quindi da quell’articolo per arrivare ad una Via…

“UOMO O MACCHINA?”

“E’ ormai innegabile che noi viviamo nell’era della tecnologia, dei computer, della telefonia sempre più all’avanguardia e questa è sicuramente una gran forma di progresso, ma, quando rifletto su quest’epoca di grandi innovazioni, mi sorge spontaneo un interrogativo: l’uomo è stato in grado di adattarsi a questi cambiamenti e, se ciò è avvenuto, in che modo si è manifestato?

Un antico detto chassidico afferma che:

“ Per realizzare se stesso l’uomo deve prima di tutto restare fedele al suo sé più intimo e vero. Se nega se stesso non può più aiutare gli altri.”

Riflettendo su queste parole, per una strana, ma non poi tanto, associazione d’idee, mi viene in mente uno degli eventi cinematografici di questi anni che, per il suo successo, non solo ha registrato incassi da record, ma ha dato anche origine ad una continuazione sullo stesso tema: il film MATRIX.

matrix-1

Film certamente molto spettacolare per i suoi effetti speciali, che sono stati via via resi sempre più ricercati nelle ultime edizioni, ma anche film dal tema che, se in apparenza sembra solo essere una lotta tra due mondi, ossia quello dell’uomo e quello delle macchine, in realtà è molto più profondo, perché evidenzia il disperato tentativo dell’uomo di non essere ridotto ad un essere programmato, quindi ad un essere non più pensante e soprattutto non più libero.

Certamente se il regista ha voluto portare sullo schermo questa storia, non ha solo attinto alla sua fantasia, ma ha probabilmente osservato attentamente il graduale ma inesorabile “adattamento” che l’uomo moderno sta manifestando nei confronti del suo ambiente senza aver il tempo di metabolizzarlo nella giusta maniera.

Quanto infatti riesce ancora l’uomo ad essere se stesso con la propria individualità, con il proprio modo di pensare senza adattarsi passivamente alle mode, alle tendenze, alle idee che giorno per giorno s’insinuano nel suo essere più intimo e che, se da un lato lo fanno sentire socialmente e culturalmente adeguato, dall’ altro gli tolgono poco per volta la sua originalità, ma soprattutto la sua “forza”?

Uniformandosi alla moltitudine più in fretta di quanto egli possa immaginare è chiaro che non esiste il tempo di poter rielaborare le informazioni provenienti dall’esterno adattandole al proprio essere. Quando ciò avviene l’uomo cade in una specie di torpore dal quale è necessario risvegliarlo e chi può farlo meglio di un super-eroe, di un risvegliato, di un “eletto”?

L’eletto è proprio il super-eroe di Matrix che da una parte, comunicando con un “oracolo”, mantiene vivo il legame con la Tradizione, con i valori tipicamente umani, e dall’altro combatte con un gruppo di fedeli seguaci la prorompente e distruttiva invasione delle macchine.

Se da un lato questa storia può sembrare un remake di lotte anacronistiche d’altri tempi, di storie da super-eroi, dall’altro mette in evidenza la “forza” dell’uomo, la sua determinazione che in ogni epoca ha creato dei grandi sovvertimenti socio-culturali necessari al perpetuamento della vita stessa evitando ogni forma di stagnazione, cercando però di non scordare e soprattutto di non rinnegare le proprie radici.

Ogni volta che l’uomo ha perso i propri punti di riferimento, si è sempre manifestato, ovviamente con differenti modalità, una forma di “disagio”.

Dal mio punto di vista, il successo di Matrix è proprio da ricercarsi nella sua testimonianza del disagio dell’uomo moderno di non poter più e di non sapere più comunicare a livello fisico, mentale…”

L’articolo continua, ma oggi, intendendo il 28 novembre 2017, non ha più rilevanza il seguito, perchè  in tutti questi anni di studio una Via tra le tante possibili per dare all’uomo una possibilità di cercare se stesso, il suo scopo in questa vita forse l’ho trovata e la vorrei condividere con voi.

gurdjief-1Mi sto riferendo al metodo di studio su se stessi esplicitato nel libro “La Quarta Via” di P.D. Ouspensky che riporta, nel modo più semplice possibile, l’aspetto pratico dell’insegnamento di G. I. Gurdjieff. L’attenzione posta sull’uomo che cerca di ritornare ad osservare il proprio corpo, i giochi della propria mente e l’illusorietà del “costruito” intorno a noi, non necessita di un ritiro dal mondo come potrebbero fare un fachiro, uno yogi od un monaco. E’ nel risvegliarci a porci domande, ad osservare con distacco la MATRIX o le MATRIX nelle quali viviamo che non ci farà diventare dei “PROGRAMMI” eseguenti, ma esseri ancora COSCIENTI.

Concludo con una frase del mio precedente articolo dicendovi che “…forse è tempo di riflettere che è molto più importante cercare di ottenere ciò che si ama piuttosto che essere costretti ad amare ciò che si ottiene.”

MCristina Raga

 

 

“L’amore che mi resta” di Michela Marzano

Quando si parla di maternità si affronta un tema che ha come centralità un rapporto simbiotico unico e speciale tra due esseri viventi: madre-figlia/o.

lamore-che-mi-resta

E’ un legame così difficilmente comprensibile da chi ne è ai margini o al di fuori che, quando accade un evento inaspettato che lo modifica, ci si trova impreparati ad affrontarlo. L’evento inaspettato che sconvolge e stravolge un’intera famiglia avviene la sera in cui Giada si ammazza. La madre non può che aggrapparsi alla sofferenza che ne consegue come se fosse uno scandalo, un sacrilegio continuare a vivere.

Nè suo marito, nè suo figlio riescono ad aiutarla!

Il solo reale conforto nasce dai ricordi: da quando Daria è riuscita ad essere finalmente madre adottando Giada, da tutti i momenti in cui è riuscita ad essere “amore” per la sua piccola, da quando si è sentita chiedere “….quando sei venuta a prendermi era perchè volevi una bambina o perchè mi volevi bene?”.

Michela Marzano riesce in questo libro ad affrontare il tema dell’adozione in un modo così realistico che io ho sentito descrivere solo in colloqui con ragazze/i che ne sono stati protagonisti. Solo chi ci è passato può dirti che il giorno peggiore della propria vita è “…. il giorno del compleanno. Quel giorno tutto riemerge, con una lista dolorosa di domande: se lo ricorda anche lei? Sta pensando a me? Le manco? O mi ha dimenticato?…”.

Questo non è un libro “triste”, come l’argomento potrebbe far supporre, ma è un libro “vero”che sin dalla prima pagina vi cattura per il modo in cui descrive come, di fronte ad una perdita, siamo esseri nudi, vulnerabili, persi. Chiediamo conforto, salvezza senza sapere bene a chi la chiediamo e quando smettiamo di farlo ed accettiamo la vita così com’è questa ci salva con l’immensità del suo amore.

M.Cristina Raga

 

“Ci rivediamo lassù” di Pierre Lemaitre

In un impercettibile istante un evento fortuito può far cambiare per sempre rotta ai progetti, alle aspettative, ai sogni, alle speranze che ogni giorno ci accompagnano. Qualcuno che prima ci era quasi sconosciuto può diventare il fulcro della nostra esistenza e qualcuno con il quale ci vedevamo invecchiare può sparire nel nulla.

LAMAITRE

Per quanto possano sembrare lontane la devastazione fisica, psichica ed emotiva che una guerra mondiale ha prodotto su intere generazioni di uomini e donne, in realtà noi stiamo vivendo un periodo storico caratterizzato da eventi altrettanto devastanti e disgreganti l’individuo, la famiglia ed il contesto sociale.

Il “diverso” da tutto ciò che fa parte del nostro quotidiano siano persone, eventi politici, stragi religiose fa risvegliare sentimenti di paura ed atteggiamenti di diffidenza, sospetto e distacco nell’essere umano.

Con grande abilità descrittiva P. Lamaitre ci racconta la storia di “amicizia inaspettata” tra Albert ed Edouard in un dopo-prima guerra mondiale dove i famosi “eventi inaspettati” di disperazione, tristezza, avidità, genio hanno unito e separato i destini di persone profondamente diverse tra loro.

Rileggendo questo libro e riflettendo sugli interrogativi che le persone quotidianamente mi pongono mi sono chiesta: ma quanto ci rendiamo veramente conto della nostra incapacità di adattamento e della discrepanza tra le nostre convinzioni e le azioni che compiamo per realizzarle?

Saremmo capaci di diventare un Albert….?

M.Cristina Raga

“L’insostenibile leggerezza dell’essere” di Milan Kundera

Tanti sono gli scritti nei quali Milan Kundera ha messo l’accento sull’unicità e sulla caducità della vita, ma ne “L’Insostenibile leggerezza dell’essere” enfatizza questa “unicità” ripetendo spesso il detto Einmal ist Keinmal , ossia ciò che è accaduto una sola volta è come se non fosse accaduto mai” .

kundera

La vita di ciascuno di noi è talmente breve, che le scelte che compiamo diventano irrilevanti ed appaiono all’autore ”leggere”. Ecco che il contrasto tra l’evanescenza della vita e l’esigenza umana di trovare sempre un “significato importante” a ciò che si fa crea un insostenibile paradosso.

L’uomo sottostà nella sua quotidianità alla “sensatezza” di ogni sua azione rimanendo imprigionato in ciò che si deve fare senza rendersi conto che il suo vivere avrebbe un senso solo nella “verità della libertà”.

Solo la libertà diventa per Kundera la sensatezza dell’intera esistenza.

E’ sicuramente un romanzo che fa stridere dentro di noi qualcosa, che ci fa pensare sulle infinite possibilità di questa vita che purtroppo non riusciamo a vedere imbrigliati dal “non-pensare” e dal “dormire”.

Dott.ssa M.Cristina Raga

 

 

“A spasso con Jung” di Gian Piero Quaglino e Augusto Romano

Dietro un titolo all’apparenza insolito, se legato al nome di Carl Gustav Jung, si cela un bellissimo “viaggio” che i due autori hanno sapientemente saputo compiere nell’opera junghiana.

foto a spasso con Jung

Attraverso la scelta e la raccolta di circa un migliaio di frasi, essi hanno cercato di evidenziare, se pur in maniera rapsodica, la particolare efficacia del lavoro di Jung nel diagnosticare falsi miti, idola, tic, derive dell’uomo confuso dalla modernità e dall’avvento di rapidi cambiamenti storici, cercando di riportarli all’interno dei motivi archetipi.

“Assaporando” le varie frasi e di conseguenza riflettendo su di esse, si vedrà emergere uno Jung che non ama “le finte soluzioni” e che alla fine del percorso della sua vita scriverà:

“L’inatesso e l’inaudito appartengono a questo mondo. Solo allora la vita è completa. Per me, fin dal principio, il mondo è stato infinito e inafferrabile.”  (Carl Gustav Jung)

Dott.ssa M.Cristina Raga

“Diario di Scuola” di Daniel Pennac

La Scuola =……????

Cosa significa realmente e cosa nasconde questa parola che conosciamo fin da quando siamo bambini?

diario pennac

Di tale realtà molto complessa se ne può parlare da varie angolazioni e Pennac decide di raccontare la scuola vista dagli alunni, o meglio, vista dai … “somari”. Si, avete letto bene!!

Ripercorrendo gli episodi di cui egli stesso da “somaro” è stato protagonista, prima di diventare professore, Pennac riesce a far emergere i grandi dolori, le ansie, le difficoltà incomprese ed inascoltate, il senso di inadeguatezza e di non-aspettativa verso se stessi di tutti quei ragazzi “deboli”, con difficoltà di apprendimento dai quali spesso si arriva a non aspettarsi più nulla.

Troppo spesso il loro futuro viene predetto attraverso i loro “limiti” e non attraverso le loro “qualità”.

Dislessico, disgrafico, discalculico, iperattivo sono termini che ormai sentiamo sempre più di frequente in ambito scolastico, ma ne comprendiamo veramente il significato?

Conosciamo come individuare un bambino/ragazzo con difficoltà di apprendimento?

Sappiamo a chi rivolgerci, cosa poter fare per aiutare, sia da un punto di vista dell’apprendimento che da un punto di vista emotivo-relazionale, un bambino che definirei “speciale” e non “limitato o inferiore”?

Pennac ci aiuta in questo percorso, da lui vissuto come già detto in prima persona, inducendoci, a mio avviso, a guardare con più attenzione al bambino in difficoltà come “persona da poter aiutare con strumenti adeguati” e non come “caso con limiti”.

 

Dott.ssa M.Cristina Raga

“Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte”

Lo-strano-caso-del-cane-ucciso-a-mezzanotte-Oggi parliamo di un libro particolare, anzi un giallo particolare. Il titolo è: “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte”, scritto e interpretato dallo scrittore Mark Haddon e tradotto da Paola Novarese.

Mark Haddon riesce straordinariamente a interpretare i comportamenti ed i pensieri del quindicenne Christopher Boone, ragazzo che soffre della sindrome di Asperger, una forma di autismo.

Christopher è molto chiuso all’esterno con il mondo. Non capisce e non riesce interpretare le espressioni facciali di una persona o una battuta fatta, odia il giallo ed il marrone ma adora il rosso, non gli piace quando un cibo sta a contatto con un altro, non riesce a giocare o a concentrarsi se ha poco tempo o troppa fretta, urla se è arrabbiato, non gli piace essere toccato, ma soprattutto… adora e ama i cani.

Proprio per questo l’abile autore Mark Haddon ha deciso di raccontare questa storia.

Ora vi svelerò l’inizio di questo fantastico libro.

Nelle prime due pagine viene raccontata l’uccisione di un cane, che per Christopher era diventato particolare per un semplice e spiacevole motivo: era morto. Esso si chiamava Wellington ed era il cane della vicina di Christopher, la signora Shears.

Christopher, come abbiamo detto prima, ama i cani, e quindi anche Wellington, ma Wellington non era morto di vecchiaia o per qualche problema fisico, ma perché l’aveva ucciso qualcuno e Christopher sentiva il bisogno di scoprire chi ha ucciso Wellington, ma non sa cosa lo attende! Nella terza e quarta pagina, Christopher racconta delle sue conoscenze apprese a scuola con Siob Han, la sua insegnante di sostegno. Lui non lavorava in una classe con tutti gli altri suoi compagni, ma lavorava esternamente, in un’aula a parte perché a Christopher non piace la confusione ma soprattutto stare in un luogo chiuso con molte persone.

Christopher si è creato un suo mondo senza uscirne mai. In questo suo mondo si comporta in modo particolare: è molto preciso, sempre attento a tutti i dettagli, non si fa mai sfuggire niente, proprio come l’abile investigatore Sherlock Holmes: l’eroe di misteri di Christopher.

Christopher è molto bravo in matematica, gli piacciono i numeri primi e risolvere misteri.

Vi consiglio di leggere questo fantastico libro perché se letto attentamente e con pazienza lo si potrà apprezzare ma soprattutto imparare quello che ha cercato di trasmettere, principalmente, questo libro. Esso infatti dimostra quanto alcune persone nate in un certo modo o con problemi sia mentali che fisici, che per altre possono essere stupide, sono anzi straordinariamente intelligenti.

Serena Voccia

“Il Bambino Indaco” di Marco Franzoso

Quante volte mi sono sentita ripetere la frase “…una madre, grazie al suo istinto, non sbaglia mai…” oppure “…conosco molto bene mio figlio, so di cosa ha bisogno…”

Siamo proprio così sicure/i che l’istinto materno non sbagli mai? Conosciamo veramente quell’uragano emotivo che sconvolge e travolge la vita di molte donne alla nascita di un figlio?

indaco-140_reference

La storia raccontata in questo libro, partendo dalla vita di una coppia come tante, ha lo straordinario pregio d’illustrare come il troppo amore e l’eccessiva dedizione possano portare una donna a non accorgersi dei messaggi disperati che l’istinto di sopravvivenza di un figlio le può mandare.

La vita dentro un bimbo si “ribella”, “urla” la sua disperazione e lei “madre” non se ne accorge, perché troppo distratta dalle sue convinzioni o aspettative.

“Isabel avvicina nostro figlio alla mammella e lui inizia a succhiare. Succhia solo per alcuni secondi, poi agita la testa e boccheggia come un pesce gettato sull’erba. … Scatta sul capezzolo con la bocca spalancata, succhia e poi si allontana di nuovo, deluso. Non capisce perché da quel seno non esca niente, non capisce dove sbaglia…”

E se in quel seno non ci fosse nutrimento?

E cosa può fare un padre che si rende conto che qualcosa non funziona, ma che è sconfitto in partenza in nome di quell’istinto materno che tutto  sa?

Questo è veramente un romanzo dove si passa dall’amore, allo strazio, al sollievo, ma nel quale si possono trovare tante risposte ai quesiti dell’essere genitori nel nostro tempo.

Dott.ssa M.Cristina Raga

 

“Novella degli scacchi” di Stefan Zweig

Troppo spesso abbiamo la convinzione di conoscerci, di conoscere il potenziale della nostra mente e le capacità della nostra memoria. Chissà invece se ci sono potenzialità non ancora esplorate che, adeguatamente sollecitate, potrebbero ampliarsi, rafforzarsi e quindi stupirci al punto da far nascere in noi il grande desiderio di “scoprirci” ogni giorno sempre di più?
Questo è quello che Zweig sapientemente illustra in quella che è considerata una delle sue novelle più toccanti.
Due giocatori di scacchi: il campione del mondo ed un emerito sconosciuto. Come mai quest’ultimo è così abile, geniale, ma restio a confrontarsi di fronte ad una scacchiera?

“Fra i due si instaurò di colpo un rapporto diverso; una pericolosa tensione, un odio appassionato. Ormai non erano più due persone che volevano mettere alla prova la loro perizia nel gioco, erano due nemici che avevano giurato di distruggersi a vicenda.”

Dott. Maria Cristina Raga